Potessi sbranare le cenge nevose
al sole diroccate e fessurate di roccia
senza il minimo tremore parietale
come suffumigi polmonari.
Queste crepe dell’io ri velando paesi
più vasti comunque lesi
rinnovano il dolore microonde che
ha lontane radici nell’Apocalisse ora vietnamita.
Come se non sapessi che le cattedrali erano vere
una volta che il diavolo visitava
i pensieri costretti a sfracellarsi sopra
le loro guglie.
sopra la pietra di inciampo della Kaaba come Mecca.
venite pasdaran dei sensi
sucidi giovali danzate
sabbe e boleri su queste
ossa.
come quelli di ravel senza soluti possibili
reggiparte e tendine coloratte dall’ambiente
molto inglese, tedesco, forse fantasy.
Se nell’immagine si potessero contare almeno
quelle spighe divelte e fermentate
dal pascolo appartenute e sconclusionate
dell’erbivoro che primo ha sommesso
negli alcoli tra aspro di ciliegie immature, guance
come pensieri né uomini, nè bambini.
(1987)