Mondi turbolenti sono
le fotografie ingiallite
del primo novecento
con veli e lindori
di rustici corpi.
Quanto lontana l’illusione di una parola,
salsa e amarognola
staffilante le fattezze
che rispondono alla mente
un pensiero acciambellato
sul morbido.
Quella pelle levigata
il tempo reclama,
e silenzio replicano i molli corpi,
silenzio per riandari favolosi
compiuti ormai,
senza più libertà.
Dopo, pioggia ancora,
lontana dal mare per spezzare
la tristezza di una bruma senile
così distante dal prorompere giovane,
fili bianchi nei capelli
senso arso,
senza più futuro.
Tacete innumeri sé,
smettete il vestito di latta,
cessate il rumoroso respiro,
affacciatevi al sole di tale rifugio,
penetrate la macchia sugli altipiani,
sfregatevi le mani di lavanda e timo,
distese le braccia a croce,
abbracciate lecci e rosmarini.
Il vagare del polline
giustifica lo sbuffo turbolento
del passato
calamitato dai corpi sbiaditi di luce:
la vita naturale
radica
la sua ammirazione
in un curiosare
e desiderare
meravigliato
(1987)