L’albero giardino profondava i suoi rami
a cercare fornace di terra plaudente
ché neon e ghiande in trance profumate
bastavano appena a sopire il vento.
Non c’è, nell’immagine di sogno
il rosso del sangue colante dal cerebro,
piuttosto son lacrime strappate alla sfera
di perfetto asettico ovo, circolo di purezza.
Vai avanti, o rotula, celebra i tuoi giorni
spunta appena dall’angolo vellicato
spargi spessore e solido.
Tanto c’è sempre uno sguardo che guarda,
narice che odora, mente che contempla
gioco che finisce, abisso che si apre.
23/01/05