Parlare è davvero
oltraggiare con strida rapaci
per calmare pianure.
La debole parola
sommuove il cardine
del silenzio, è l’uscio
sembiante che
vagisce mentre
cave cumulate
aggrediscono il secco
fogliame
dei raccolti trascorsi.
Vorrei crearti,
sottile definizione
che osasti nel balenare
contratto dell’iride alla luce…
Dov’è il rullare del cuore?
Dove ilpestare dei piedi,
il tentare dimani,
lo stringer di dita
che scioglie il vero in
singulti piani
e dirotti?
Baleni, solo baleni le parole
crude e impietose che
ti offrono merce, esposta
sul banco.
E amaro
percorri solitari
passeggi,
monti
rovine decantate
da labbra contratte:
offrivano in dono tremiti
combattivi e ribelli.
Bucce colte allora,
estimazioni a parvenire
teatro di pensieri
e piogge rugiadose
senza peso aleggiavano
per portarti nel tumido
vorace grembo pieno
di sassi.
Ciò che vedesti
ciò che udisti
ciò che odorasti
nulla nella caligine
greve
appesantiva il pensare quanto
dietro questo sordido nulla
pensosa di vento e fragranza,
morendo
la parola era
perché detta.
Se una regola esistesse,
pensieri vorrei
contarvi e contare
le vostre parole:
la somma sarebbe il colore;
la differenza
la vita.