Distorta la bocca nella finzione
hai doppiato la vita, un film
sali d’argento figure
pienamente ostentate.
Eppure lo schermo è guardato
e a gara facciamo d’essere,
veduti in incastro a mosaico dei fatti.
Non foriera di dèi è smembrata
e le parti impendenti leggono
i piacevoli, come recessi segreti
tuoi, solo veli.
L’amore – dicono – vuole
nudi da sacrificio e
quei corpi in orizzontale
per il sudore
delle zolle conosceranno dimensioni
nubilari, ascetiche e spellate
e il centro, ciò ch’è palese,
qualche coloritura sottile dei sé.
Essere condannati a dire
senza rifugi, oasi, vestimenta,
come illusioni di vento
sacrifica ogni intimità cordiale,
dove tu sei inestricabile
piramidale sfaccettatura incoglibile
diamantea e ti basta una luce
per sapere.
Sono parole stanche, tiepide e poche
quelle con cui ci misuriamo,
senza scandaglio d’abissi,
lasciati – così come siamo –
cullati dalle cune.
E il caleidoscopio
batibiologico è un odierno
perduto, impondere bellezza
come di fondali velati,
refoli e spruzzi
che cingono di sorrisi
soffiati e ironici
questo nostro angusto tempo.
(1987)