Thomas si inerpicava attraverso i macchioni di lecci su per la ripida mulattiera.
«Quanto manca ancora?» chiese a Sara.
«Non molto» rispose lei voltandosi a guardarlo.
Quanto era bello! Anche adesso che era tutto sudato. Thomas si era tolto la maglietta rossa e piccoli rivoli scendevano giù dalle sue ascelle, sui fianchi asciutti fino a inumidire l’elastico delle mutande (di marca!) che spuntava dai pantaloni.
Sara represse un sospiro e riprese il sentiero, zoccolando sui sassi con le sue ciabattine da spiaggia.
Per fortuna lui metteva sempre le scarpe da ginnastica, così il sentiero era più agevole. Sara strinse le labbra: Thomas valeva bene qualche sacrificio. In fondo una o due vesciche ai piedi non sarebbero state poi quel gran che in confronto alla soddisfazione di poter dire alle sue amiche che lei, il bel Thomas se l’era fatto, su alla chiesetta di San Michele, dove andavano tutti gli innamorati a baciarsi.
In breve arrivarono alla spianata e la chiesetta, o meglio i ruderi di quel che ne rimaneva, apparvero romanticamente diroccati sul praticello che tendeva al giallino per la prima canicola d’estate.
Sull’altro versante la visione del mare dall’alto seguiva il percorso sinuoso delle coste, in una mescolanza di roccia e di verde che poteva anche togliere il respiro, tanto era suggestiva.
Insomma il posto ideale per due innamorati.
Thomas emise un fischio: «Che vista quassù» disse, dopo essersi fermato a guardare un bel po’.
«Ti piace?» chiese trepida Sara.
Lui sorrise con quel quella bocca tutta da baciare, dalle labbra sottili che si aprivano su denti praticamente perfetti: «Cazzo, è una meraviglia»
Sara sorrise a sua volta. Si avvicinò un poco e sfiorandogli un braccio disse: «Vieni a vedere dentro…»
La seguì nella minuscola navata della chiesuola, la cui abside era parzialmente crollata e dava sulla baia del Sole, a est rispetto al paese che si intravvedeva appena più in basso.
«Allora?» fece lei un poco ansiosa.
Thomas guardò lo squarcio di azzurro che penetrava in quella vetusta costruzione e scosse il capo.
«Quando l’hanno fatta?» chiese a Sara.
«Non saprei. Probabilmente intorno all’anno Mille» azzardò.
«È un bel po’ che sta su….» osservò lui.
Uscirono sul praticello. Verso il mare c’era una macchia di betulle che ombreggiava un tavolino da pic-nic in legno, con dei sedili.
«Ci sediamo lì?» propose Thomas.
«Sì» disse Sara e si accostò al tavolo. Si sedette. Thomas le si sedette vicino. Molto vicino.
Sara sentì la traccia del profumo che lui si metteva sempre, mescolata a un afrore di sudore che le fece girare leggermente la testa. Senza quasi volerlo si appoggiò a lui, che la sostenne con le braccia forti e muscolose.
«Ti senti bene?» chiese Thomas preoccupato.
«Non è niente. La salita… il calore…» disse lei ritraendosi e scusandosi.
Thomas le appoggiò la mano sulla spalla. Era una bella mano affusolata, pulita, con le dita lunghe e sottili. Delicate. «Io adoro camminare sotto il sole. L’ora che preferisco sono le due»
«È terribile camminare a quell’ora. Ti cuoce il cervello…» disse Sara.
Lui fece spallucce.
«E tieni sempre i jeans quando vai nei boschi?» chiese lei.
«No. Di solito ho i pantaloncini corti»
Sara immaginò le sue gambe dure come acciaio con i muscoli che guizzavano in mezzo ai mirti e agli aneti della macchia.
«Ma oggi sei uscito con i jeans» osservò.
«Non immaginavo che saremmo venuti fin quassù. Pensavo a una passeggiata in centro» disse lui candidamente.
Vedendolo sudato e accalorato Sara disse: «Mi dispiace. Forse dovevo dirtelo»
«Oh, non fa niente. Se non ti dispiace io adesso me li tolgo questi pantaloni lunghi. Si slacciò la cintura mentre Sara si faceva paonazza e tratteneva atterrita il respiro.
Mozzafiato che si sciolse quando vide che sotto la cintura, sopra le mutande (di marca!) Thomas indossava un costume da bagno azzurro lungo fino alle ginocchia.
«Così va meglio» disse lui e si sedette nuovamente molto vicino a lei.
Adesso le cosce quasi si toccavano e Sara sentì nuovamente una vampata di calore salirle su per le vene del collo.
Thomas guardava la linea del mare con un’espressione intensa.
Sara notò che aveva gli occhi sottili e fu improvvisamente risucchiata dal colore chiarissimo delle sue iridi, nelle quali si rispecchiavano l’azzurro del mare e del cielo.
«Chi ha gli occhi azzurri, a casa tua?» osò chiedere la ragazza.
Thomas sorrise increspando le guance: «Mia madre. Mio padre invece è biondo ma ha gli occhi scuri»
«Quindi tu hai preso gli occhi di tua madre…» iniziò Sara.
«… e anche i capelli castani. Mio padre c’entra poco con me. Almeno fisicamente. Ma mia madre dice che ho il suo carattere»
Sara si contemplava il suo Thomas che pareva volesse mangiarselo tutto quanto con un solo sguardo. Thomas se ne accorse e distolse gli occhi, imbarazzato.
Sara si stava godendo quei momenti come qualcosa che aveva atteso a lungo. Adesso loro due erano lì, soli, lui era tutto suo e a lei sembrava il sogno più romantico che avesse mai osato immaginare, ed era vero, lui era insieme a lei in carne (che carne!) e ossa.
Thomas si schiarì la voce.
«Immagino che adesso dovrei dirti qualcosa» iniziò, un po’ nervoso.
«Cioè?» fece lei sentendosi pungere dappertutto.
«Beh, tu mi hai portato qui, noi siamo da soli…»
Sara tacque, beandosi per quelle parole.
«Quindi, insomma, penso che tutto questo non sia così per caso e dunque…»
«Dunque?» fece lei.
Thomas tacque e assunse un’espressione pensosa.
Sara smaniava e si domandava quanto avrebbe ancora aspettato a chiederglielo. Cioè di uscire con lei, se volevano stare insieme.
«Il problema è che io…» fece lui.
Sara si rabbuiò. E adesso che cosa voleva dire? Che c’era qualcuna? Che lui era fidanzato e non poteva tradirla?
Sara attese, sentendo un’acuta punta di delusione pervaderle l’animo.
«Vedi… io non so bene che cosa… cioè… ecco io non sono mai uscito con una ragazza» fece lui candidamente.
Sara respirò. Allora era solo un incredibile, adorabile, bellissimo timidone. Ma come era possibile? Uno così… cioè uno come lui che appena a guardarlo si pensava che qualunque ragazza non sognasse altro che di portarselo a letto?
Che fosse…?
Sara, improvvisamente allarmata non osava neppure pronunciare quella parola.
Intanto però si era accostato ancora di più a lei e ora la sua gamba glabra e soda di muscoli sfiorava la sua, affusolata e sottile.
«Vuoi dire che non sei mai stato con una ragazza?» chiese Sara, cercando di trattenere una smorfia di incredulità.
«Le ragazze, in genere, mi mettono in soggezione. Soprattutto quelle che sono troppo sfrontate. Per dirla tutta, io odio le vacche» disse improvvisamente lui, convinto.
Sara si ritrasse subitaneamente. Non avrà mica pensato che lei…
«Guarda che io non sono…» iniziò Sara incerta.
Thomas posò il suo bell’indice sulle labbra della ragazza: «Non dire niente. Non sto dicendo questo di te. Sto solo dicendo che mi sento un po’ imbarazzato perché per me questa è la prima volta»
“Dio che amore!” pensò improvvisamente lei e le venne voglia di prenderselo tra le braccia e di coccolarselo come un bambino piccolo.
Sospirò e senza pensare a quello che faceva gli prese le guance e posò le labbra sulle sue.
Lui si immobilizzò, poi si lasciò andare e in breve si trovò a scambiare con lei il suo primo vero bacio d’amore.
Con un tonfo, questa realtà penetrò nella pancia di Sara: aveva baciato Thomas. Aveva baciato Thomas.
Thomas con le guance in fiamme la guardò sorpreso.
Dopo qualche istante in cui l’eccitazione esplose dal profondo dei suoi occhi azzurri, che ora avevano una voragine nera in mezzo, Thomas sospirò, sorrise e poi disse: «Non c’è più bisogno di dirtelo ora, no?»
«Direi di no» fece lei e si aggrappò a lui che le restituì un abbraccio solido.
“Dio fa che questo istante non finisca mai” pensò Sara chiudendo gli occhi.
Thomas appoggiò il suo capo a quello di Sara.
I due rimasero a lungo, molto vicini a guardare la lontana linea del mare senza dirsi niente.
E che c’era ancora bisogno di dire?
L’ombra delle betulle li proteggeva dal sole troppo cocente ed essi non ebbero più bisogno d’altro per tutto quel pomeriggio.