Consentitemi di dire a me, che sono un SENZA-VOCE che la vita fa schifo e che siete tutti miserabili. Spie al soldo dell’Esercito imperiale di Sua Maestà. Che guardano al nemico entro un complotto di portata internazionale. Intrighi da Mata Hari. Società nazionale che si disintegra davanti alle forze del denaro e del vil soldo. E che noi, SENZA-VOCE abbiamo il diritto-dovere di difenderci. Sporchi imperialisti. Bastardi maledetti. Ma che cosa vi credete? Che noi non li abbiamo gli occhi per vedere il vostro immondo gioco? (Mormorare queste parole con le labbra strette e tutto il disprezzo che è possibile dare alla voce.)
Io so tutto. Ho scoperto tutto. La mia liberazione progressiva e incipiente, assolutamente gratuita e un po’ forzata è avvenuta con l’abbandono del denaro. E’ il denaro la rovina del mondo. E’ lui che innesca i meccanismi di perversione che portano al predominio delle macchine e all’annullamento totale dell’ultima volontà umana. Pazzi bastardi. Avete voluto la mia rovina ma non mi avrete. Voi mi inseguirete fino a ridicolizzarmi con le vostre cianfrusaglie ma non mi avrete. Voi mi cercherete e io sarò dappertutto perché un SENZA-VOCE non conta niente e si nasconde ovunque. Non mi avrete, non mi avrete, non mi avrete! Eh, eh! (risatina nervosa e sforzata).
Volete sapere come sono riuscito a sfuggirvi, bastardi?
Cercate un po’ nell’ovo del ciclotrone e lo saprete. Sissignori, proprio lì, impiegati dell’esercito con moglie a carico e figli piagnucolenti.
Passeggiavo a carico del ciclotrone con i piani rubati alle spie nemiche che invadevano l’ordine costituito dei miei pensieri e della mia società quand’ecco un giorno vidi il suo passo in Via Follia. Da buon cittadino, amante dell’ordine costituito e garante dei pensieri perbene della mia città, mi avviai a custodire con la mia guardia solita solerte e vigile il ciclotrone Nazionale, quand’ecco vidi un ovo seduto sulle scale. Mi avvicinai e con una mitraglietta puntatagli contro, come da ordinanza ministeriale dugento sessanta barra sette, gli intimai di fermarsi e gli ordinai di dichiararrrrrrrre le generalità.
Costui, l’ovo intendo, alzò un par di occhi tristi verso la bocca del mio fucile e non rispondendo niente e anzi avviandosi verso il ciclotrone con rinnovata energia parve a me che egli fosse un guastatore nemico, una sporca immonda spia, forse extracomunitaria, un sporco assassino che attentava. Le sue intenzioni erano dichiarevoli e passabili di rea pena di morte essendo noi in guerra morale contro i profittatori bastardi del regime a noi avverso.
Sparai ed egli con far da mercante si avvicinò ancor di più al core infernale della prodigievole macchina.
Al secondo intimato alt! Egli fece orecchie da mercanti laonde io cercai più nessun pretesto per ucciderlo con definitiva e inequivocabile maniera. Ma c’era forse un ministro, inzaccherato lerciume di turpe mercimonio consortile che si avviò a proteggere l’ovo. Io lo spiaccicai con un pestone il ministro, dico, ché pure lui bastardo profittatore era e l’ovo saltò nel ciclotrone e disparve.
«Oh!» mormorai io.
E rimasi di stucco vedendo il malaffare.
Ed è così che sono qui, signori giurati. Reo di nulla, colpevole di nulla se non d’un ovo e di me che per la disperazione saltai anch’io nel ciclotrone per evitar di giustificare qualcosa. E’ inutile che voialtri profittatori di giuria popolare e designati dal popolo sovvrrrranazionale tentiate di giudicare le mie gesta, le gesta d’un SENZA – VOCE. Forse esse verranno cantate quand’io, da voi estinto sarò ricordato come il più grande eroe dei dieci mondi e oltre. Per l’intanto sappiate che non sono pentito e che tutto rifarei pur di motivare la mia esistenza, inutile senza un motivo di lotta contro di voi, irrefrenabili accumulatori, che il ciclotrone possa inghiottire tutto il vostro denaro, ché questo è precisamente il mio piano.
(03/04/2002)