1° racconto dei tarocchi
Personalizzare il gesto. Fare in modo che la tunica verde faccia intravvedere l’abito sottostante rosso.
Il bambino guardava estatico il ragazzo al banchetto.
Ecco il momento più difficile: quello in cui la mano diventa più veloce dell’occhio, signori e signore, più veloce dell’occhio.
Un trucco facilmente individuabile se la rapidità non ottundesse la capacità visiva del pubblico.
Il bambino si sforzava di cogliere quel movimento. Ma il ragazzo era troppo bravo. Un vero mago.
E così la moneta riapparve da dentro l’orecchio del bambino, al quale il ragazzo si era accostato trionfante.
Da dentro l’orecchio: e come aveva fatto ad entrarci? Lui non aveva sentito niente, neanche lo sfiorare d’una farfalla.
Eppure la moneta era lì, dura e inequivocabile.
Il bambino prese il dischetto di metallo e lo guardò: era un due luigi dorato. Ineccepibile e autentico.
Sorrise al ragazzo che lo guardava ironico.
«Andiamo Louis» disse la madre, una donnetta minuscola, triste, vestita di scuro che aveva la stessa bocca del bambino.
Il bambino ignorò l’ordine e si avvicinò al ragazzo, gli prese le mani e le aprì. Dentro, ovviamente non c’era niente.
«Nessun trucco» disse il ragazzo con la voce sgraziata degli adolescenti.
Il bambino prese la moneta e la diede al ragazzo, il quale la fece nuovamente sparire tra le dita.
«Sei matto?» gli disse la madre sottovoce «Sono sempre due luigi»
«Ma lui è bravo» rispose ingenuamente il bambino.
«Un pezzente di strada. Guarda com’è vestito» gli disse sua madre all’orecchio.
Non far trasparire nulla sui commenti dei passanti. Il ragazzo si strinse nella tunica.
In effetti il bambino osservò nella sua mente che un costume simile non era propriamente comune.
«Sarà anche un pezzente ma è bravo» ribatté.
«Trucchetti» chiuse la madre e fece per strapparlo via prendendolo per mano.
«Un momento» disse improvvisamente il ragazzo rivolgendosi alla madre e fissandola deciso: «Otterrete ciò che desiderate» fece con una strana, inquietante luce negli occhi.
La donna lo guardò turbata: «Che cosa volete dire?» chiese, agitata.
«Il vostro uomo… lo state aspettando, no?» disse quegli con una velata sfumatura irridente.
«Come vi permettete?» s’inalberò la donna.
«Tornerà» disse il ragazzo facendo apparire dal nulla un mazzo di fiori di carta e porgendoglielo.
«Come ha fatto?» chiese il bambino stupito.
«Andiamocene» disse la donna nervosa.
«Potete tenerlo. Non è avvelenato» disse il ragazzo allargando le braccia e facendo una accennata riverenza.
«Posso prenderlo io, mamma?» chiese il bimbo.
La madre fece un piccolo cenno d’assenso mentre si guardava intorno imbarazzata, cercando di non incontrare lo sguardo del giovane, poi prese il piccolo e lo trascinò via.
«Abilità per abilità…» disse tra sé il giovane, ripiegando il tavolino. Guardò i due che si allontanavano, il bimbo con il mazzo di fiori di carta in mano.
Scosse lievemente il capo, poi, mentre svaniva, il suo volto si trascolorò di una bellezza indicidibile che si annullò, come tutto il suo corpo, in un piccolo sbuffo di polvere sulfurea.