«Dove stiamo andando?»
«Sulla spiaggia di Iki-Naoi»
«Perché quell’isola?»
«Lì ce ne ne sono di bellissime. Da non crederci»
L’uomo estrasse un fazzoletto dalla tasca e si soffiò il naso.
«Vuoi che tenga io il timone?» chiese il ragazzo.
«È troppo grosso per te» fece l’altro governando il motoscafo in scia. Mantenere il motore in scia non è facile se non c’è un sistema di guida a volante, «Ti sbatterebbe fuori subito. Ci vuole forza»
Il ragazzo annuì e si rannicchiò a prua raccogliendo il capo dentro le ginocchia. Lasciò penzolare le mani dal bordo: ogni tanto toccava l’acqua e l’impatto faceva schizzare in alto il braccio.
«Stai attento al polso» disse l’uomo.
Il ragazzo sbuffò e ritirò il braccio.
«Una volta avevo un assistente come te a cui è volato via il braccio»
«In che senso?» chiese il ragazzo.
«Si è staccato. Guarda, era lì dove sei adesso e faceva il tuo stesso gioco. Poi, non so bene come, è successo: un istante dopo si è trovato un moncherino sanguinante da qui in giù» e indicò il gomito fino alla mano.
«Gesù, che schifo» disse il ragazzo.
«Quanto sangue c’era. Ho dovuto stringergli un fazzoletto per bloccare l’emorragia» l’uomo indicò un punto del suo bicipite dove si vedeva una vena pulsante.
«Io sarei svenuto»
«Ho dovuto lottare per non vomitare. E poi quello urlava…»
Il ragazzo sentì se stesso in preda a un dolore lancinante gridare disperatamente, ed ebbe un brivido. Ritornò nella realtà e si guardò tutte e due le braccia con un sorriso sollevato. L’uomo ridacchiò. Quella cosa del braccio staccato funzionava sempre.
«Dev’essere stato terribile» disse convinto.
«Puoi dirlo. Per questo, adesso, quando vedo che qualcuno mette il braccio fuori scafo mi agito sempre».
«E il suo braccio dove è finito?» chiese dopo aver guardato il mare pensieroso.
«In bocca ai pesci. In fondo al mare. Boh.»
Il ragazzo storse la bocca: pensò a come sarebbe rimasto se avesse trovato, durante una delle sue immersioni, uno scheletro di avambraccio con relativa mano attaccata, in fondo al mare. Probabilmente sarebbe schizzato via e sarebbe tornato in superficie alla velocità d’un fulmine.
Il ronzio del motore e lo sciacquìo della prua che fendeva le onde gli conciliavano il sonno.
Aggirarono un promontorio pieno di alberi e si infilarono in una minuscola baia. L’azzurro dell’acqua si confondeva con il cielo. Il ragazzo guardò il fondale: gli sembrò di galleggiare sopra un mare di aria. L’uomo condusse la barca alla spiaggia e la arenò sulla sabbia bianca.
Il ragazzo saltò a terra e legò la cima a un paletto di legno bianco di sale conficcato vicino a un grande sasso. Il sole saturava tutti i colori rendendoli più brillanti e vivi.
L’uomo trascinò una cassa di legno sopra il sasso e la aprì.
«Avanti, comincia a cercare» ordinò porgendogli una sacca da legarsi alla vita.
Il ragazzo iniziò a percorrere la mezzaluna di sabbia cinerina cercando attentamente a terra. Ogni tanto si chinava, raccoglieva una conchiglia e la buttava nel sacco.
Quando l’ebbe mezzo pieno si diresse verso la cassa. Fece per rovesciarvi dentro il contenuto, quando l’uomo lo fermò: «Aspetta» disse «Fammi fare una prima scelta»
Il ragazzo posò il sacco e si sedette sul sasso.
«Ho caldo» disse.
«Fatti un bagno» rispose l’uomo.
Il ragazzo si liberò dei vestiti e si tuffò in mare. L’acqua era fresca ma non fredda e lo fece rabbrividire di piacere. Nuotò un po’ su e giù poi, grondante, uscì dall’acqua e si distese sulla sabbia.
Saltò su imprecando di dolore. Cominciò a sfregarsi la schiena contorcendosi per raggiungere un taglio proprio sulla colonna vertebrale, al centro tra le spalle e le natiche.
«Che ti succede?» gli urlò l’uomo vedendolo agitarsi così.
Il ragazzo si guardò le dita che avevano sfiorato il punto dolente e le vide rosse di sangue: «Mi sono tagliato» rispose strillando.
L’uomo si avviò verso di lui. Quando lo raggiunse lo fece voltare: «Hai un bel taglio. Ma stai tranquillo: è poco profondo. Come te lo sei fatto?» chiese.
Il ragazzo indicò la spiaggia: «Volevo farmi asciugare al sole, lì»
«Vatti a lavare in mare» disse.
«Brucerà» rispose esitando il ragazzo.
«Non è niente» rincalzò l’uomo.
Mentre il ragazzo ritornava sul bagnasciuga l’uomo cominciò a saggiare con il piede la sabbia dove si era disteso il ragazzo. D’un tratto sentì qualcosa di acuminato. Cominciò a togliere la sabbia con i piedi e vide un rostro rossiccio spuntare in superficie.
«Dio, non posso crederci» esclamò. Poi si voltò e fece un fischio al suo assistente: «Vieni a vedere che cosa hai trovato»
Il ragazzo si avvicinò strofinandosi la schiena con il dorso della mano: «Brucia da morire» disse.
«Non toccarti la pelle. Altrimenti infiammi ancora di più la ferita»
«È grande?» chiese.
L’uomo guardò la schiena del ragazzo. «Una decina di centimetri. Ma è superficiale»
Poi gli mostrò l’aculeo che emergeva dalla buca.
«Che cos’è?» chiese questi.
«Tirala fuori di lì» gli ordinò l’uomo.
Il ragazzo si accucciò sulle cosce e cominciò a scavare intorno all’aculeo. Ben presto si intravvide la forma di una conchiglia gigantesca, una trentina di centimetri di diametro.
«Fai piano» lo ammonì l’uomo. Il ragazzo scavò liberandola dalla sabbia e poi pian piano la estrasse dalla buca.
«È l’esemplare di Harpago Chiragra più grosso che abbia mai visto in vita mia» gongolò l’uomo tutto soddisfatto mentre la avvolgeva in un telo e la riponeva nella cassa.
«È preziosa?» chiese il ragazzo.
«Preziosa? Una Chiragra così grande non ha prezzo»
Il sole stava calando con dolcezza obliqua dietro le rocce del promontorio. L’ombra di un minuscolo rilievo lambì la spiaggia e si disegnò sul bagnasciuga. Il ragazzo rabbrividì e una fitta pelle d’oca contrasse a reticolo tutta la superficie del suo corpo.
«Possiamo ritornare. Oggi abbiamo avuto una giornata fortunata» disse l’uomo posando dolcemente la cassetta sulla barca.
Il ragazzo raccolse i suoi vestiti sulla rena e li posò sul pancone. Slegò la cima e saltò sopra leggero. Il motore ruggì e la barca si disincagliò. Con una rapida virata, la prua si diresse verso l’uscita dalla baia. Il ragazzo rabbrividì nuovamente. L’uomo gli disse: «Non ti rivesti?»
L’altro fece una smorfia toccandosi la schiena: «Fa ancora male».
L’uomo alzò le spalle: «Le cose belle valgono bene qualche sacrificio» e rimise il motoscafo in scia, verso il tramonto, mentre il ragazzo grugnendo si accoccolava nel suo cantuccio lasciando penzolare un braccio vicino alla spuma che arricciava la superficie del mare.