Qui sulla scrivania c’è un libro da tenere sempre con sé, specialmente in questi tempi. Si intitola “Paranoia” ed è di Luigi Zoja, 2011.
“Il paranoico spesso è convincente, addirittura carismatico. In lui il delirio non è direttamente riconoscibile. Incapace di sguardo interiore, parte dalla certezza granitica che ogni male vada attribuito agli altri. La sua logica nascosta procede invertendo le cause, senza smarrire però l’apparenza della ragione. Questa follia «lucida» – così la definivano i vecchi manuali di psichiatria – è uno stile di pensiero privo di dimensione morale ma con una preoccupante contagiosità sociale”.
In questo straordinario e illuminante saggio l’autore trascende il campo specificamente clinico e allarga l’analisi della paranoia alla sua dimensione sociale svelando i meccanismi di ‘infezione’ che producono la caduta di larghe porzioni di umanità nell’orribile tranello dell’autodistruzione. La disamina storica oltre a confermare la plausibilità di una teoria affascinante sulle periodiche vocazioni all’autolesionismo di molte civiltà fornisce una sinistra eco di presagio sulla sorte che potrebbe toccare al nostro mondo qualora non vengano innescati i meccanismi di svelamento e quindi di immunizzazione da tale piaga.
La lettura del passato diventa dunque riflessione sul presente e monito per il futuro: una voce che si ha bisogno di sentire e che si staglia, cristallina ed evidente, nel fosco panorama dei venti di guerra e di morte sovrastanti il ventunesimo secolo.