A nuova e mezza vita
adisti alfine in ultimo vere,
quando le ombre scendevano
presaghe e infauste.
La fenice torna sempre a
respirare e tu con
giramenti di capo e sospiri
provasti a ottenere una grazia,
una dilazione che dimenticasse
lo scorrere del gran fiume.
E l’ottenesti, incredulo,
quando suonò l’oboè
nello scurore incipiente.
Aperti gli orizzonti,
nuove scioltezze
si accorsero, ma antiche,
ché già respiravano quando
sul suolo, la Terra dell’eternità,
si abbandonavano a chiuse
esultanze di vento.
Non c’erano Adoni allora,
o Veneri cinerine di doppio
aspetto. Il parlare
era camminare tra simboli
e se volevi capire scuotere
dovevi le ombre che velano il vero.
Inchinati, coraggioso, e vesti
finalmente la corona che ti spetta di
diritto. I banditi rifuggono il suo oro
e ognuno stupito si prostra quando
il cappuccio del mantello si abbassa
e lascia che i raggi delle stelle siano
resi grandi dalla pietra lucente.
Ponila tra i tuoi capelli,
salta nel mezzo delle stelle
sciogli la parola
e tuffati nel mare.
14/07/12