Sarà la crudezza
dei panni acerbi
e delle incerte dita di ragno
a farci piangere
lo scotto del mondo.
Tutti guardano
e chiedono all’ombre
di questi occhi
silenzio,
per solo sentire
e appagare
d’un istante d’estate,
fragranza primavera
assopita nell’afa.
Non avremo variari
di cartoni, come
nei film, o il succedersi
delle stagioni: tutto
è fissato nel paziente
almanacco del tempo.
Lo svolgersi dell’arco solare
la traccianel cielo, è
un dispiegarsi di
muscoli enervi
sotto la pelle, da rinnovare
per godere di sole illusioni,
concentrate nello scatto e
nella prontezza afrida di
muschio,
scoglio emergente
risacca e poi
calma
e lagune e fondali.
Spiamo queste sosia
d’infanzia per ARGINARE
travolgente vecchiaia,
quasi come se giocare
potessimo la scaltrezza del gabbiano:
anche nei flutti la salsa
preda fugge per il finto
sopravvivere
ma
adunco il becco, spezza
le spine sottili, e i nervi
nell’ultimo guizzo
della schiena.
Figli umani.
desiderati figli umani
torneremo a cercarvi
tra l’aspro del seme
e dell’acqua. Una goccia
di pace spianerà le ciglia
perdute in un’iride offuscata
dalla polvere.
Le ali che ora
ci tradiscono
batteranno le varie penne
incontro all’aria,
venti ostili che perdono
le immagini.
E le varietà
saranno i gorghi,
ultima petrosa
fonte campestre.
(1987)