Memore della pioggia
sceglierai ad un tempo
le articolate impressioni
del continuo,
e l’ardente e feroce
face estiva
che spezza in serie
i balocchi del gran gioco,
del provare qualcosa.
La risata risuonerà ancora,
e per te pagherà il doppio
tributo che
mezzo è per commiserare
e mezzo scalfire
la boria mediocre.
Eh, come allora
l’uso del dire e del tacere
ha spento
quel ridicolo senso del
contare,
e come un mite generale
esibisci al petto piagato
le tue quattro medaglie
sconfitte:
amore, senso,
decisione e pensiero.
Ma sopra tutte
l’amore che tutto
sbaglia e nulla conserva:
così commenta il fante solitario
arrivato alla vita.
Dove sei vita, macilenta,
opima vita,
di che morte morirai
quando spento avrai
il caos del corpo
con l’ordine confuso
e simbolico di questa tua
esistenza,
così nostra da essere
debitori, in omnia,
alla potenza del Desiderio?
Scoordinati, vaga traccia,
e secondo usati copioni
recita i minuscoli gesti insensati
e leggeri,
la trottola, il mondo,
la mente
vagando alla ricerca serena,
tutta racchiusa
non mai nel presente
e non più nel vicino
sopraggiunto e scrutabile scorrere.
Quale ordine per te,
quali panni rassicuranti
stesi ai balconi del
palazzo tuo disabito,
spettro remoto?
Le pagine
dei manoscritti
implorano e pretendono
un ricordo.
(1987)